PREMESSA:
Questa pubblicazione vuole essere una vetrina che possa servire a oltrepassare la superficialità di uno sguardo a chi visiterà Grosio, in questa e in altre future occasioni. Speriamo di accompagnare il visitatore alla scoperta di una realtà storico - artistica ricca e affascinante.
Grosio è definito tassello originale e particolare del variegato mosaico valtellinese. Genuinità, giovialità, schiettezza sono e cercano di sopravvivere come caratteristiche che fanno da collante sociale. Il benvenuto a chi entra in paese è dato dagli impianti della centrale Idroelettrica che sfrutta le acque provenienti della Valgrosina, quadro di montagna da colori e paesaggi molteplici. Sugli impianti costruito con originale stile architettonico, si appoggiano i due castelli medievali con a fianco la roccia incisa più grande dell’arco alpino su cui sono impressi i segni geroglifici della vita primitiva in questi luoghi. Volgendo lo sguardo verso l’abitato appare maestosa la facciata della Chiesa Parrocchiale di San Giuseppe con a fianco la storica Villa Visconti Venosta circondata dall’ampio parco. Entrando poi nel paese, nelle sue frazioni e poi nella vallata laterale o nel versante che conduce al passo del Mortirolo si possono conoscere altre perle preziose che in questo spazio solo in parte presentiamo.
PARCO INCISIONI RUPESTRI E CASTELLI
Risalgono all’età del bronzo i primi segni che testimoniano una forte attività umana in questi luoghi. Risalgono presumibilmente al tardo neolitico alcuni ritrovamenti, avvenuti grazie all’archeologo Davide pace, nei dossi che affiancano i castelli che dominando l’accesso all’abitato. La più antica delle due fortificazione risale almeno al 1150 come proprietà del Vescovo di Como per poi passare e entrare nella disponibilità della famiglia Venosta fino al ‘500, un tempo in cui viene costruito anche il “castrum novum”. I reperti preistorici e i castelli sono visitabili con le esperte guide del Parco Incisioni rupestri che accoglie i visitatori.
CHIESA DI SAN GIUSEPPE
VILLA VISCONTI VENOSTA
CHIESA DI SAN GIORGIO
PIAZZA DEL MUNICIPIO
LE TRINCEE
LE FRAZIONI
LA VALGROSINA
IL COSTUME DI GROSIO – GLI ORECCHINI GROSINI – LA PESTEDA
LE MASCHERE VECCHIE DEL CARNEVALE DI GROSIO
Grosio è noto per le sue Maschere Vecchie (risalenti alla fine del 1500). Nella prima domenica di Quaresima, le vie del paese si riempiono di colori grazie alla sfilata dei carri e delle maschere. Il Carneval Vecc è caratterizzato dalle antichissime Maschere Vecchie che guidano la sfilata, si tratta di personaggi che conservano la vocazione goliardica e contadina della valle.
-la magra quaresima e il Carneval vecc (Si apre il corteo) Con questa rappresentazione viene subito spiegata l’immagine popolare del già citato contrasto fra il sacrificio del tempo liturgico della quaresima e l’opulenza del carnevale. Così i due tempi sono rappresentati dall’uomo pacioso, grasso, allegro e sereno e dalla donna ridotta all’osso, mal vestita, claudicante, raggrinzita e con il grembiule tempestato di maleodoranti aringhe sotto sale.
-L’orso e il domatore (vincere il timore con la simpatia) La sfilata per i due personaggi, è un susseguirsi di scenette, calibrate dalla capacità del domatore di lasciar avvicinare alla folla il grande orso, allentando la catena per poi tirarla al momento giusto. Nello stesso tempo l’orso, deve sfruttare l’iniziale timore soprattutto dei bambini curiosi e riuscire, con smorfie e goffi movimenti, a trasformarlo in simpatia nei confronti dell’animale.
Questo tipico meccanismo in atto in tutte le antiche fiere alpine, serviva ad attenuare paure esagerate, facendo conoscere da vicino i pericoli della natura e de suoi abitanti.
-Il Paralitic (vivere sulle spalle degli altri) La prima delle maschere doppie, ingegnoso meccanismo proveniente dall’antico teatro francese, è quella del paralitico in cui un solo indossatore da vita a due personaggi.
La parte alta è quella di un vecchio ammalato con difficoltà motorie, che per muoversi si serve di una dolce signorina, abbigliata in modo succinto.
L’indossatore la muove prestandole le lunghe e affusolate gambe.
E’ evidente come invece, nella costruzione goliardica della maschera, le gambe del paralitico, che escono dietro la schiena affaticata della portatrice, siano finte.
-La Bernarda e l’Accompagnatore (la regina del Carneval Vecc) È sicuramente la regina della sfilata, maschera doppia in cui un indossatore interpreta il figlio piccolo nella gerla e la madre affaticata che lo porta sulle spalle, un altro indossatore accompagna la signora e la figlioletta nel ruolo del marito. La tradizione grosina è rappresentata dall’abbigliamento. Viene infatti indossato da marito e moglie il costume contadino, usato durante la transumanza e ai piedi vengono mostrati “i sciupei” tipica e unica calzatura realizzata in legno e cuoio ha la punta rialzata dal terreno, favorendo il cammino su terreni irti e scoscesi. La tradizione di Grosio si manifesta anche negli atteggiamenti. E’ la moglie a portare il gerlo e dunque simbolicamente il peso della famiglia. Infine il bimbo che diventa subito adulto e viene svezzato dal padre con un biberon contente del buon vino che rende evidentemente gioioso il piccolo.
-l’Altoni (arlecchino nostrano) Dalla migliore tradizione della delle società agricole che, anche nel divertimento, badavano a contenere le spese, è la maschera de l’Altoni, realizzata con gli stessi concetti con cui si veste il più celebre Arlecchino. Va osservato in questa maschera il cappello che ha caratteristiche vicine ai copricapo alpini del Tirolo e del vicino Canton Grigioni della Svizzera. Da’ comicità alla maschera, un paio di scarpe di misura enorme, motivo di inciampi goffi, ma anche usate per “pestare” i piedi a vittime celebri durante la sfilata.
-il cul de merda e il gubet de spin (le maschere scherzo); probabilmente sono quelle di più recente introduzione in sfilata. Rappresentano più da vicino il rapporto fra il carnevale e lo scherzo. Una rappresenta e gioca sul ribrezzo generato dai bisogni corporali che in questo caso lasciano il personaggio in stato igienico precario aiutato nelle operazioni poco piacevoli dal suo compare. L’altra maschera invece approfitta del popolare bisogno di fortuna che si può ottenere da una semplice ed efficace pacca sulla gobba di un malcapitato. Solo dopo il colpo inferto,l’ignara vittima si accorge, causa il dolore, in quanto la gobba è formata da un cuscino imbottito con i pungenti ricci delle castagne.